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al testo di Marco Banti
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...più in basso, verso il mare, Pigna;
discreta delicata quasi timida, sospinge lo sguardo al monastero e la collina, che nasconde Curbara, risale erta verso cime aguzze frastagliate Verso due luci come occhi, gigante curioso che spia la piana A mezza costa la lunga ferita che rimonta da Isula Rossa. Luci di auto fanno capolino appaiono scompaiono al ritmo di alberi e arbusti. Gente che torna a casa, é l’ora! Ritmi confusi; chi con calma, chi ha fretta, qualche clacson lontano. Crepuscolo di colori. Si percepisce ancora la ripida scoscesa verso Marina di Davia; troppe case, troppo uguali, troppo finte. Non c’é cuore né anima, solo poche cucine illuminate, poca gente Marzo freddo e solo Il profilo, ora morbido, degrada verso il mare tra verde oramai scuro e rocce; verso un mare color del cielo color del mare. L’impercettibile linea d’orizzonte, ampio, curvo come carne contadina, appena separa aria e acqua di stessa tonalità cartazucchero stinto. Al largo, lontano, lampeggia un pericolo. Vicino, lo scoglio finalmente in pace é dorso di dinosauro marino. Visto da qua, il castello è fotogramma di pellicola d’azione; scogli aspri, massicci mura possenti e altissime merlature, torri, feritoie Poi;... poi c’é Algaiola, assopita, vegliata da luci color di Corsica: il giro di ronda, l’Hotel sur la Plage Bellissima; affresco di fiaba Algaiola che prende respiro si apre verso il piano, distende i suoi tetti alla spiaggia e, più in alto, alla collina. Come bimbo che gioca sereno; le mani nell’acqua, il corpo verso terra. Verso la collina, verso Aregnu morbidamente disteso; profilo sensuale. Su tutto, S. Antuninu, aristocratico ed appartato con qull’aria da “ Guardatemi! Non son bello! “ ed é maledettamente vero E’ tardi ora; guardo la Luna che mi sorride sorniona, le tracce dei miei piedi. Trecentosessanta gradi un cerchio; la Vita |
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